GSS - PROGETTO SETTEPANI
ATTIVITÀ
LA
BASE SOTTERRANEA DEL MELOGNO
Un
segreto durato sessant'anni
di
Gianmario Grasso e
Giovanni Battista Franchi
"Le
semplici verità avranno effetto su una dozzina di uomini,
mentre
il mistero menerà per il naso milioni di persone".
Henry
Saint-John Bollingbroke, 1721
Storia
di una base tra leggenda e realtà
Agli
inizi degli anni '60, quando la località di Pian dei Corsi, sulle
alture del Finalese, fu scelta per ospitare una piccola base di
trasmissioni dell'esercito americano, iniziarono a circolare molte
voci. Si iniziò a parlare di elicotteri militari che sorvolavano
quelle montagne, di sotterranei che arrivavano fino al mare ed
all’interno dei quali sparivano grandi camion. Negli anni a
seguire, quando, per qualche motivo, si tornava a parlare dei soldati
americani di Pian dei Corsi, il discorso andava inesorabilmente a
finire sui segreti (e gli armamenti) che la base nascondeva.
Quando
la base venne dismessa, alla fine del 1992, in molti iniziarono,
inutilmente, la ricerca dei fantomatici sotterranei, tanto che
iniziarono a circolare voci che fossero stati abilmente murati e
mascherati oppure fatti saltare con l'esplosivo: il mito non voleva
morire.
Oggi,
del Site
046 (questo
era il nome ufficiale della base), ad oltre vent'anni di distanza
dalla sua chiusura, si sa, ovviamente, molto più di allora ed è
sufficiente saper usare un comune motore di ricerca per togliersi
ogni dubbio su eventuali misteri.
Il
Site 046
In
funzione dal 1962, la base era presidiata dalla 56th
Signal Company del 509th
Signal Battalion dell'U.S. Army e faceva parte di una rete che,
attraverso vari Stati ed un centinaio di basi, collegava la Spagna
con il Medio Oriente. La rete, detta 486L Mediterranean
Communications System (MEDCOM), comunicava tramite una tecnologia
detta Troposcatter. Il Site 046 aveva il compito di fornire una
comunicazione strategica e tattica dalla stazione di Coltano, vicino
a Pisa, alla rete ET-A (European Tropospheric Scatter-Army),
attraverso il sito di Feldberg, in Germania. Ancora oggi, a Pian dei
Corsi, sono visibili i basamenti delle 4 grandi parabole che venivano
utilizzate.
Con
la fine della guerra fredda e l'avvento delle nuove tecnologie
satellitari, questo tipo di reti divenne inutile ed obsoleto e la
maggior parte delle stazioni che le componevano vennero dismesse.
Terminata così anche l’attività del Site 046, il complesso, ormai
incustodito, venne rapidamente depredato di tutto quello che
conteneva.
Senza
nulla togliere all'importanza strategica del Site 046, oggi è quindi
evidente che la sua funzione poco si sposa con la tesi di una base
missilistica (assolutamente inutile in quella posizione geografica) o
di un complesso sotterraneo, adibito anche semplicemente a contenere
simili ordigni. Anche
le innumerevoli testimonianze esaminate di quanti ebbero modo di
entrare o lavorare (militari e civili) nella base, ad oggi, non hanno
mai portato prove in tal senso.
Dove
erano stati scavati quindi i sotterranei? Dove andavano i camion che
sparivano nella montagna? Possibile che gli anziani del posto si
fossero inventati tutto?

La base di Pian dei Corsi quando era operativa.
La “scoperta”
Durante una gita nei boschi, alcuni escursionisti si imbattono casualmente in un’apertura nei pressi del Monte Settepani (circa 6 km in linea d'aria da Pian dei Corsi ed il Site 046) a poca distanza dal teleposto, ancora oggi in funzione, dell'Aeronautica Militare Italiana e ne riferiscono ad un appassionato di storia militare, Claudio Arena. Passa qualche anno e nell'agosto del 2013, viene da quest’ultimo organizzato un sopralluogo con due componenti della nostra Commissione Cavità Artificiali, Gianmario e Battista.
Giunti nel sito indicato dagli escursionisti, i tre decidono di penetrare all'interno del complesso. Scendono nell'ordine: Battista, Gianmario ed infine Claudio ed è proprio Battista che, dopo una discesa di circa 50 metri, per primo si trova nel bel mezzo di una lunghissima galleria.
Giunti sul fondo, anche gli altri si rendono immediatamente conto di essere all'interno di un complesso più vasto del previsto ed anche se è subito evidente che altri occasionali visitatori sono già stati in quegli ambienti, l'emozione è forte: le leggende si stavano forse trasformando in realtà? Con tutte le cautele del caso, il sistema viene visitato. Battista ha con sé gli strumenti da rilievo e si può quindi anche procedere, con un buon margine di precisione, a farne una prima pianta. Nel frattempo vengono anche fatte le prime fotografie ed un primo filmato “esplorativo”.
Percorso tutto il sistema di gallerie, realizzata la prima bozza di rilievo ed individuati altri due ingressi, si decide di tornare quanto prima per realizzare un più accurato rilievo di precisione, documentare meglio il complesso (le stanze più grandi ed i corridoi, per essere degnamente fotografati necessitano di luci ben più potenti di quelle dei caschi) e comprenderne il possibile scopo di realizzazione.
Alla seconda visita, due settimane dopo, oltre ai tre componenti della squadra iniziale, si aggiungono altri due componenti del Gruppo: Marcello e Fabrizio. Il primo, esperto topografo ipogeo, sarà fondamentale per la stesura del disegno di precisione del settore nord; il secondo, tecnico e fotografo ipogeo, non solo collaborerà come Battista alla stesura del rilievo, ma sarà anche fondamentale per l'illuminazione, la documentazione fotografica ed il supporto tecnico agli operatori che documenteranno il complesso per il primo servizio, in esclusiva per il TGR della Liguria, a cura di Tarcisio Mazzeo, che andrà in onda poche settimane dopo. Negli immediati giorni successivi, tramite l’analisi di quanto osservato sul posto, archivi storici e testimonianze dirette, viene quindi definitivamente appurato lo scopo di realizzazione del complesso. Contributi significativi vengono dati dal Dott. Pier Paolo Cervone (giornalista de “La Stampa”), dall’appassionato di cavità artificiali Massimiliano Siccardi, dal Prof. Massimo Macciò e dall’appassionato di storia finalese Ezio Ivaldi.
Dopo poco più di un mese è già evidente che non c’è stata nessuna “scoperta”, è già possibile ricostruire con precisione la storia del complesso e di misterioso non è rimasto nulla.

Operazioni di rilievo nel Complesso Sotterraneo di Monte Settepani
Il
Complesso Sotterraneo di Monte Settepani (CA 379 Li/SV)
Il
complesso rappresenta un centro
operativo dell'Aeronautica Militare Italiana mai
portato a compimento. I
lavori furono svolti tra il 1952 ed il 1957,
impiegando anche manodopera locale, dalla ditta Sogene, la stessa che
contribuì alla costruzione delle diga di Osiglia1
e
di altre importanti strutture, in prossimità
di gallerie e vani preesistenti, coevi al vicino Forte Settepani
(1881-1885). Negli
ambienti mancano i segni di ogni tipologia di impianto ed il
pavimento di alcune stanze non è mai stato terminato. Solo i
cunicoli, larghi poco più di 2 m, risultano (quasi) completamente
terminati. Lungo le gallerie, si aprono un totale di 16 stanze di
varie dimensioni, tutte con volta a botte, alcune delle quali dotate,
sul soffitto, di un condotto in metallo che fuoriesce nel bosco
sovrastante. L'ambiente più grande (una stanza di 200 m2)
avrebbe dovuto diventare la sala operativa, mentre gli altri
avrebbero avuto la funzione di alloggi, magazzini, bagni, locali di
servizio.
Sono
diverse le ragioni che possono aver determinato l'abbandono del
progetto. Alcuni ex militari che
affermano di aver presenziato ai lavori ed esperti di storia ed
architettura militare2,
sostengono che la causa di interruzione fu il mutare delle tecnologie
e delle strategie militari dell'epoca. Ipotesi realistica, se si
considera che all'epoca di inizio lavori il pericolo veniva dai
bombardieri nucleari di lungo raggio ed alta quota che utilizzavano
bombe nucleari ben meno potenti dei missili balistici
intercontinentali, che avrebbero poi invece caratterizzato la guerra
fredda. Altri testimoni accusano invece le condizioni climatiche del
sito, particolarmente avverse durante i mesi invernali (basti
pensare che ad agosto, la temperatura rilevata all'interno non
superava i 12 °C e l'umidità era prossima al 70%)
e le difficoltà di gestione del sito, non controbilanciate
dall'effettiva necessità di protezione rispetto al Forte Settepani,
che, dopo una parziale ristrutturazione, venne effettivamente scelto
come unica sede di un teleposto dell'Aeronautica Militare.
Rilievo topografico del Complesso Sotterraneo di Monte Settepani

Conclusioni
Ecco quindi dove nascevano le leggende che riguardavano quelle alture. Se infatti era ragionevole credere agli elicotteri, che hanno certamente sorvolato la zona durante l’allestimento del Site 046 di Pian dei Corsi o nel periodo della sua attività, i “camion che sparivano nella montagna” riguardavano la realizzazione del complesso sotterraneo del Monte Settepani, di poco precedente (ma già interrotta). Camion che, pur non essendo fisicamente entrati nella montagna, visto che le dimensioni delle gallerie non lo avrebbero di certo consentito, trasportarono però operai e materiale per un periodo di diversi anni.
La segretezza di quanto stava avvenendo su quelle alture alla vigilia della guerra fredda, il fatto che in zona ci fossero soldati americani e che il tutto (già di per sé poco accessibile) per molti anni sia rimasto “off limits” ai civili, hanno poi alimentato il mito che i sotterranei riguardassero l'unica cosa che si vedeva ed appariva operativa: il Site 046 di Pian dei Corsi. Da qui ad ipotizzare la presenza di missili (ovviamente nucleari) il passo fu breve.
Oggi tutti gli ingressi sono stati chiusi. Un peccato, essendo il complesso un sito che meriterebbe di essere valorizzato e reso fruibile a tutti, in quanto parte importante della nostra storia locale.
Ma di sicuro si continuerà a parlare ugualmente di quelle alture. Si continueranno ad inventare teorie, ipotesi, complotti, pur di negare l’evidenza dei fatti, mescolando la storia dei sotterranei italiani di Monte Settepani con quella della base americana di Pian dei Corsi, perché le ipotesi fantasiose affascinano il pubblico più dell’onesta ricerca storica. Ma quello che a noi importa, nati e cresciuti all’ombra di quelle leggende, è solo che quelle alture, seppur per un breve periodo, furono davvero interessate da lavori imponenti e che i racconti degli anziani del posto erano in gran parte veri. Questa esperienza il GSS la dedica a loro.
1- Dott. Pier Paolo Cervone, “Ecco la storia del bunker segreto sul Melogno”, da “La Stampa” del 29.08.2013.
2- M.llo Sc. Antonio Calaselice, Dott. Arch. Marco Battistini, da “TGR Liguria Il Settimanale” del 30.11.2013.
All’attività hanno partecipato i soci Fabrizio Falco, Giovanni Battista Franchi, Gianmario Grasso, Marcello Penner e l’amico Claudio Arena.
Il Gruppo Speleologico Savonese ringrazia Alessandro Bignotti ed Eleonora Milano (gli escursionisti che per primi hanno individuato e segnalato l’ingresso del complesso di Monte Settepani), Pier Paolo Cervone, Ezio Ivaldi, Massimo Macciò, Massimiliano Siccardi per la piacevole collaborazione.
Questo testo rappresenta la versione riassunta ed incompleta dell’articolo pubblicato sul Bollettino “Stalattiti e Stalagmiti” relativo all’attività svolta dal GSS nel 2013.
In caso di riproduzione, anche parziale, si prega di citare la fonte (Gruppo Speleologico Savonese DLF).